Punto di vista

Non ho mai creduto in un’unica verità, nè in quella mia nè in quella degli altri: sono convinto che tutte le scuole, tutte le teorie possono essere utili in un dato luogo e in una data epoca; ma ho scoperto che è possibile vivere soltanto se si ha un’ardente e assoluta identificazione con un punto di vista. […] Se vogliamo che un punto di vista sia di qualche aiuto, bisogna dedicarvisi con tutte le nostre forze, difenderlo fino alla morte. Nello stesso tempo, però, una voce interiore sussurra:”Non prenderti troppo sul serio. Tieniti forte e lasciati andare con dolcezza”.
Peter Brook

Non credo che in un mestiere creativo come quello dell’attore esistano ricette precostituite adattabili ad ogni situazione. Sarebbe troppo facile e, in fondo, noioso. Non credo, quindi, che per insegnare recitazione ci si possa limitare a impartire pedestremente lezioni mutuate da un’ unica scuola o teoria teatrale. Questo vuol dire che non esiste un “metodo”? Al contrario: ne esistono molti, ma è necessario crearsene uno proprio, per spingere qualcun’altro a fare altrettanto. Naturalmente l’insegnamento dei grandi maestri della ricerca teatrale è imprescindibile.

Negli anni della mia formazione e durante la mia carriera, ho avuto la fortuna di incontare molti attori, registi e drammaturghi di fama europea, dai quali ho cercato di imparare il più possibile. Ma se devo fare un bilancio, i maestri che hanno influenzato maggiormente la mia ricerca, sono tre: K.S. Stanislawski, J.Grotowsky e P. Brook.

Kostantin Stanislawski

Di Stanislawski ho studiato e continuo a studiare i suoi testi didattci, reali depositari del “Metodo”; per quanto riguarda Grotowski, ho avuto la fortuna di avere come maestro Gabriele Vacis, suo allievo diretto. Ho trascorso con lui tre anni, alla Scuola Civica d’Arte Drammatica “Paolo Grassi” di Milano. Ho lavorato tutti i giorni, per molte ore al giorno, sugli esercizi corporei e vocali, sulla “schiera”, sul ritmo e il senso del testo, sulle azioni fisiche e la composizione scenica. Questa pratica intensa e rigorosa dei principi del “Teatro Povero” di Grotowsky, ha segnato in modo determinante il mio punto di vista sul lavoro con gli attori e sul teatro nel suo complesso. E infine ho avuto l’onore di essere diretto, per la durata di un breve seminario, dalle sapienti parole di Peter Brook. Anche se non posso dire di aver imparato da lui specifiche tecniche, data la fugacità dell’incontro, il suo sguardo saggio e ingenuo nello stesso tempo è per me un ricordo indimenticabile.

Guardando al lavoro di questi maestri, i punti di contatto sono molti, e sono anche i cardini della mia ricerca artistica e didattica. Elencandoli schematicamente:

  • Centralità dell’attore/attrice
  • Presenza scenica
  • Coralità degli attori/attrici
  • Organicità tra respiro, movimento e testo
  • Abbattimento della quarta parete
  • Essenzialità della messa in scena

"Don Giovanni" P.Brook

A questi elementi fondamentali, ne aggiungo personalmente altri due: la scrittura drammatica dei testi e lo stretto rapporto tra ambiente sonoro e parola. In quale modo cerco di trasmettere agli allievi il bagaglio di competenze che va sotto il nome di recitazione? Il mio lavoro didattico è essenzialmente pratico. L’unico modo per imparare a recitare è stare in scena per la maggior quantità di tempo a disposizione. Non si tratta di un allenamento “ginnico” e stacanovista fine a se stesso, al contrario: è l’applicazione puntuale di principi che permettono all’attore di raggiungere un elevato stato di “presenza” psicofisica, di superare i propri limiti e di agire in pubblico con la stessa tranquillità con la quale agisce nel privato.